Viaggiare al tempo dei social è diventata una questione complessa, basta leggere qualcuno delle migliaia di discussioni dedicate al viaggio, la domanda più classica è: “ho una settimana, dove vado?”. Il viaggio quindi come prodotto di consumo per sfuggire e come diritto da esigere, per rendere la vita meno piatta, alla continua ricerca di distinzione, alla continua ricerca del non turistico di fatto costruito ad uso e consumo del visitatore. C’è comunque una forma di turismo che va oltre questo gioco di ruoli ed è il turismo che si concentra sui luoghi e sulle situazioni difficili per non dire pericolose, un turismo che fa molto discutere.
Selfie con disastro
Ogni volta accade una tragedia, naturale o meno, compare la notizia di turisti accorsi sul luogo del disastro per vedere quanto successo e magari farsi un selfie. Attratti dai media che quasi ininterrottamente raccontano del disastro in questione, singoli o gruppi organizzati si recano sul posto secondo alcuni favorendo l’economia del luogo a riprendersi, secondo altri non facendo altro che intralciare i lavori di soccorso e ricostruzione. Il dibattito è aperto, così come quello sul fare volontariato in vacanza, una pratica da molte persone vista più come un viaggiare low cost piuttosto che aiutare veramente il prossimo.
L’eredità sovietica
Un turismo della rovina particolare è quello che si può trovare nell’ex-mondo sovietico, in particolare in Asia Centrale. Qui l’atea mistica meccanica ed il mito dell’uomo nuovo hanno lasciato disastri enormi, basti pensare al Lago d’Aral quasi prosciugato per favorire la coltivazione del cotone. Esistono veri e propri tour dedicati alla visita del passato sovietico e dello scempio industriale che ne è rimasto. Questi luoghi sono spesso difficili da raggiungere e servono speciali permessi, senza contare i rischi per la salute, come nel caso dell’area di Kurchatov e della vicina Semipalatinsk, dove in epoca sovietica si svolgevano test atomici.
Il Kazakistan è inoltre ricco, soprattutto nel nord, di zone industriali ormai diventate città fantasma, altre mete nel paese per questa particolare forma di turismo sono Alga, Balkhash-9, il complesso missilistico di Argun ed il famoso centro di ricerca spaziale di Baikonur. In Uzbekistan oltre al già citato Aral possiamo trovare la città minieraria abbandonata di Angren oppure, nella capitale Tashkent, la fabbrica abbandonata di carta chiamata UzBum, visitabile dietro richiesta e con possibilità di tour organizzati da X-Place. Se in Turkmenistan la rovina è la distruzione dei suoi mosaici, in Tagikistan si possono visitare sanatori nel Pamir.
Una vera risorsa nel turismo della rovina si rivela essere il Kirghizistan, dove l’eredità sovietica si rivela ben presente. Ad Ak-Tuz, un tempo sede di un’importante impresa di lavorazione mineraria, sono sepolti 4,7 milioni di rifiuti radioattivi, Inylchek è la regina delle città fantasma, da 15mila abitanti a 15, senza contare le varie zone depresse un tempo poli produttivi come Min-Kush, Jergalan e Mailuu-Suu, in quest’ultima località anche una presenza di uranio di scarto nel sottosuolo. Infine il porto industriale di Balykchy, per un’immagine del Kirghizistan ben lontana dal paesaggio di yurte abitate dai nomadi a cui siamo abituati.
Una notte con i Talebani
Un luogo non certo facile da visitare è l’Afghanistan, un paese splendido ma dove il turismo è, inutile dirlo, quasi inesistente, stando alle parole di Muqim Jamshady, operatore nel settore turistico di Kabul, in tutto il 2017 i suoi clienti sono stati circa 50. I pochi temerari che visitano il paese raccontano qualcosa che ha del sorprendente, ossia il fatto che i talebani sarebbero molto attivi sulle app dedicate al couchsurfing. In gran parte si tratterebbe di combattenti di basso livello, annoiati dalla vita militare e curiosi di fare nuove esperienze ospitando viaggiatori occidentali, fedeli al senso di ospitalità dei pashtun afghani: il pashtunwali.
Tuttavia il paese non è certo sicuro, tanto che esperti tour operator hanno limitato i loro tour in Afghanistan per motivi di sicurezza; una realtà raccontata anche da Angelo Calianno, un amico di questo blog che in Afghanistan ha viaggiato certo per turismo e che siamo felici di avere intervistato. Le storie di viaggiatori ritrovatisi ospitati dai talebani sono diverse, alcuni sono stati aiutati nella scelta di bus con meno probabilità di essere fermati da polizia o combattenti, altri sono stati addirittura arrestati a causa degli abitati donati dalle famiglie che li avevano ospitati. Davvero una vicenda che ha quasi dell’incredibile.
L’incognita Pakistan
Infine un paese molto apprezzato dagli amanti dei viaggi difficili, un paese il cui livello di pericolosità sembra aumentare in maniera preoccupante: il Pakistan. Anche qui le zone dove il turismo può farsi estremo sono diverse, a partire dal territorio conteso del Kashmir dove potrete alloggiare presso la popolazione locale grazie a siti come Homestay. Gli attentati nel paese una realtà ed i legami di gruppi locali con il fondamentalismo islamico sono da sempre molto forti, per ora sembra non essersi ancora sviluppato un turismo sulle orme di Bin Laden, tuttavia mai dare nulla per scontato quando si parla di andare oltre.
In conclusione ognuno è libero di andare dove vuole, a suo rischio e pericolo, l’archeologia industriale è oggi una disciplina che si occupa di ciò che sino a non molto tempo fa era considerato un cumulo di rottami e qualcuno ritiene i talebani degli ospiti molto gentili. In fondo la maggior parte delle mete turistiche del mondo cosa sono se non rovine, echi di un passato spesso segnato da eventi tragici? Basti pensare ai templi di Angkor in Cambogia oppure alla Pompei di casa nostra, rovina e sofferenza a nostro uso e consumo. Il mondo è davvero vario, ciò che viene considerato normale muta col tempo ed il turismo non turistico non è certo quello che si trova su Facebook.