In inglese I to eye rappresenta un gioco di parole molto interessante, incentrato sul confronto, l’inclusione e lo scoprirsi, proprio quello che faranno i tre protagonisti della nostra intervista. Davide, Michele e Samuele sono tre ragazzi in procinto di iniziare un viaggio sulla Via della seta in bici, anzi in tandem, anzi tutti e due. Davide infatti è non vedente, Michele e Samuele si alterneranno alla guida del tandem nel corso degli otto o nove mesi che impiegheranno per raggiungere Pechino, diffondendo il messaggio al centro del loro progetto: I to eye, appunto.

Quello che segue è l’esito della chiaccherata fatta via mail con Davide, una chiaccherata non breve ed estremamente interessante e mai banale. L’itinerario previsto attraverserà Slovenia, Croazia, Serbia, Bulgaria, Turchia, Georgia, Azerbaigian, Iran, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan e Cina, paesi che per la maggior parte sono spesso citati in questo blog, anche per quanto riguarda i visti per accedervi. Ma ora è il momento di iniziare a pedalare.

Ciao ragazzi, la prima domanda è abbastanza ovvia: presentate ai lettori la vostra iniziativa

Il nostro progetto nasce come una personale ricerca di felicità e poi si allarga al tentativo di donarne anche agli altri. Perché la nostra felicità? A noi piace viaggiare e andare in bici, e in questo progetto sono coinvolte entrambe le attività. Partiamo dal viaggio: quello che cerchiamo non è sicuramente un viaggio convenzionale, bensì un viaggio in cui si entra a vero contatto con le persone e i luoghi attraversati, un viaggio in cui non si hanno i comfort e le comodità convenzionali, ma ci si ingegna ogni giorno per “fabbricarsi” queste comodità per contro proprio. L’idea originaria è quindi quella di raggiungere la Cina in bicicletta in un viaggio che durerà approssimativamente tra gli otto e i nove mesi. Il viaggio sarà compiuto non proprio su una bicicletta ma su un tandem, dal momento che uno di noi tre, Davide, è non vedente e ha bisogno che qualcuno piloti il mezzo per lui. Le persone coinvolte saranno tre dal momento che Davide effettuerà tutto il viaggio, mentre Michele e Samuele si alterneranno alla guida: il primo da Roma a Teheran, il secondo da Teheran a Pechino. Ed è così che possiamo collegarci al secondo grande obiettivo del nostro viaggio: promuovere il tandem come mezzo di integrazione sociale e sportiva per le persone con disabilità visive nei tredici paesi che attraverseremo. L’idea di fondo è che il tandem possa possa migliorare la qualità della vita di un ipo vedente o di un non vedente, consentendogli di condurre una vita più attiva e di abbattere una parte delle barriere che la sua disabilità gli impone. Vorremo fermarci in almeno due o tre città per ogni paese e organizzare degli eventi in cui racconteremo il nostro viaggio e porteremo un messaggio del quale siamo più che certi: un tandem può rendere un disabile visivo più felice, e non necessariamente intraprendendo un viaggio come il nostro ma semplicemente utilizzandolo nella quotidianità e senza allontanarsi troppo da casa.

Entriamo nel vivo, ma perché scegliere la via della seta?

La scelta dell’itinerario non è stata casuale ed è stato forse l’unico punto sul quale non abbiamo avuto mai nessun dubbio. Abbiamo deciso di porre in Pechino il nostro traguardo perché è una delle zone del pianeta terra più lontane che si possa raggiungere esclusivamente via terra, e noi non abbiamo nessun intenzione di utilizzare mezzi che non siano il tandem! Poi c’è un importante motivazione culturale: per arrivare in Cina passeremo attraverso una varietà di culture la cui eterogeneità è praticamente impossibile da trovare in altri percorsi: dall’occidentale Italia ci immergeremo dapprima nelle culture est europee e balcaniche di Slovenia, Croazia, Serbia, Romania e Bulgaria, per poi attraversare la Turchia (porta dell’oriente) per tutta la sua larghezza; sarà poi la volta dell’islamico e montuoso Iran al quale seguiranno l’Asia centrale e la Cina. Ecco… sono forse i paesi dell’Asia centrale (nell’ordine Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan) quelli che maggiormente stuzzicano la nostra fantasia e la nostra voglia di partire… paesi in cui viaggiare on the road è molto difficile e faticoso e in cui sappiamo già che si svolgerà la parte più avvincente del nostro viaggio. Per far sì che il nostro messaggio fosse portato davvero lontano e raggiungesse genti tra loro diverse questo percorso ci è sembrato quasi obbligato: la meta finale individuata nella Cina è stata motivata dal fatto che in Cina la vita dei non vedenti è ancora molto dura e le opportunità di un disabile in generale di condurre una vita normale sono ancora decisamente basse rispetto ai nostri standard.

Una domanda forse stupida, ma com’è la convivenza tra vedenti e non vedenti?

Questa domanda ci ha colpito particolarmente e premettiamo che non è per niente facile rispondere. La prima cosa che ci viene in mente è forse scontata: la convivenza tra vedenti e non vedenti dipende innanzitutto dalle persone coinvolte. Come prima cosa c’è da dire che la situazione è molto cambiata negli ultimi decenni. Fino al 1975 per fare un esempio i non vedenti, e i disabili in generale, non avevano accesso alle scuole pubbliche e passavano la loro infanzia e l’adolescenza all’interno di istituti, intrattenendo contatti esclusivamente con altri non vedenti e con il personale che lavorava in queste strutture. Era molto difficile che un non vedente lavorasse e ancora di più che intrattenesse rapporti regolari con persone che fossero al di fuori della propria famiglia. Naturalmente anche all’epoca c’erano delle eccezioni, ma la situazione di base era questa. Le cose ora sono molto diverse e anche un non vedente, come il resto dei disabili, può studiare, lavorare e avere delle relazioni sociali più variegate. Questo non toglie che possano insorgere delle difficoltà, che in particolare Davide può spiegarci più nel dettaglio.

Vedere un non vedente davvero alla pari di un’altra persona non è sempre così scontato per un normodotato. è facile che insorgano un sottile e velato pietismo o che ci si trovi imbarazzati e impacciati nei comportamenti per paura di offendere o mettere l’altro in difficoltà. Per quanto ci riguarda l’idea che ci siamo fatti è che sta più al non vedente porsi nel modo giusto, trasmettendo la tranquillità e la serenità necessari affinché l’altro si senta libero di dire e fare ciò che vuole. Forse il nostro pensiero è un po’ in controtendenza rispetto a quello comune, ma ne siamo più che sicuri: le relazioni tra vedenti e non vedenti, e tra disabili e normodotati in generale, dipendono assolutamente più dai primi che dai secondi.

Crediamo sia il disabile a dover “insegnare” agli altri a comportarsi nel modo più adeguato, dosando rispetto e disinvoltura, tenendo conto delle maggiori difficoltà di un disabile ma anche delle sue inaspettate potenzialità, e soprattutto dedicando il proprio tempo solo se si è spinti da un reale interesse umano e mai per pietismo, quasi per fare un favore ad una persona che altrimenti passerebbe le proprie giornate in solitudine. Non nascondiamocelo: ancora oggi molti non vedenti fanno fatica ad avere amici, ad integrarsi, risultano a volte poco disinvolti e pesanti da un punto di vista mentale per chi è in loro compagnia, tuttavia vediamo questa situazione più come una loro incapacità che come una indisponibilità degli altri. Per incapacità intendiamo una maggiore concentrazione su sé stessi piuttosto che sugli altri: per Davide l’arma vincente è stata la grande idea di immaginare come gli altri potessero sentirsi nell’approcciarsi a lui e poi agire di conseguenza per farli sentire il più possibile a loro agio. In ogni rapporto questa si è sempre rivelata la formula vincente per relazioni libere e sincere, regolate dai normali dettami di un qualsiasi altro rapporto.

Le cose sicuramente si complicano un pò quando si parla di rapporti sentimentali, ma questo ci sembra un argomento troppo complesso per essere affrontato in questa sede.

Secondo voi qual’è l’importanza di fare un viaggio del genere?

L’importanza di fare un viaggio del genere risiede nell’apertura mentale che ne consegue e nel potersi conoscere meglio. Viaggiare on the road fa riscoprire aspetti sociali e personali dimenticati: si entra in contatto con la solidarietà delle persone, si percepisce la loro curiosità o la loro ostilità, la loro diffidenza o il loro interesse. Si combatte ogni giorno contro la fatica, si gioisce per la fine di una salita e per averla affrontata tutta, si pedala sotto la pioggia o sotto il sole chiedendosi a volte perché lo si sta facendo ma trovando, magari il giorno dopo o la settimana dopo, delle risposte più che esaurienti in una nuova città, davanti ad un lago o a casa di qualcuno che ci sta ospitando. Queste sono le motivazioni che credo portino avanti ogni ciclo viaggiatore, noi tuttavia ne abbiamo una in più, vale a dire, come spiegato prima, il cercare nel tandem una soluzione ad alcuni dei problemi di chi ha problemi alla vista. Forse è un argomento un po’ di nicchia o al quale si pensa di rado, ma grazie ad un tandem chi non vede può praticare un’attività all’aria aperta, stare a contatto con persone nuove, muoversi liberamente nel territorio, e se vuole anche viaggiare. Ecco, è proprio la bicicletta che forse può rendere un viaggio davvero interessante per chi non vede. In bici infatti si ha un contatto più diretto con tutto l’ambiente circostante, che esso sia urbano o naturale…. si sentono gli odori, i cambiamenti nella temperatura e nell’umidità, si ristabilisce quel legame che la cecità sembrava aver negato per sempre. Sentire l’asfalto sotto le ruote, l’aria che ci lambisce ai lati, poter parlare con qualcuno ad ogni sosta anche se è solo per un semaforo sono esperienze che restituiscono a chi non vede quella parte di mondo che si sarebbe perso se non fosse montato sul tandem.

Questa è la nostra idea e vogliamo parlarne anche in altri paesi, raccontarlo e chi lo sa, magari convincere qualcuno che le nostre parole nascondono un po’ di verità.

Ora una domanda scomoda, ma secondo voi l’attenzione dei media per iniziative come la vostra nasce da vero impegno civile o nasconde un interesse un po’ “caritatevole”?

Altra domanda interessante. Nella domanda hai scritto “impegno civile o interesse caritatevole”… noi speriamo anche qualcos’altro, magari lo stupore per un’impresa già in sé notevole ma che compiuta su un tandem con il coinvolgimento di un non vedente appare ancora più straordinaria. Noi siamo sicuro che nella vita sia straordinario quando si trova il modo di essere veramente felici, e noi forse con questo viaggio ci andremo vicini. Speriamo che chi ci seguirà lo farà perché troverà interessanti i contenuti che pubblicheremo sulla nostra pagina Facebook e sul nostro sito, perché ci troverà simpatici o perché inizierà in qualche modo ad affezionarci a noi o alle nostre peripezie ogni giorno in una nuova città e in un nuovo ambiente. Ci farebbe molto piacere se qualcuno cogliesse a pieno anche il messaggio del tandem come mezzo di integrazione per i disabili visivi, ma ci rendiamo conto che è un messaggio rivolto maggiormente a chi ha problemi alla vista e quindi magari il cerchio si restringe.

Ci stiamo impegnando fin da ora a seguire una linea ben precisa in cui non si parla mai della disabilità come condizione di sofferenza e difficoltà, ma spiegando direttamente una possibile strategia per combattere questa sofferenza e questa difficoltà.

Tornando al viaggio, cosa consigliate a chi volesse percorrere in bici la Via della seta?

I consigli a chi volesse percorrere la via della seta sicuramente saremo in grado di darli a viaggio concluso, per ora ci sentiamo di consigliare di organizzarsi bene perché stiamo capendo che è un viaggio interessantissimo ma allo stesso tempo stracarico di imprevisti e difficoltà che in Europa nemmeno immaginiamo. Da quanto abbiamo capito fino ad ora alcuni consigli che ci vengono in mente riguardano il non dare mai per scontato di riuscire ad entrare in bici in Turkmenistan e il fatto che il Pamir, anche se sembra invalicabile, ripaga con visioni ed esperienze così assurde che vi daranno la forza anche di pedalare fin oltre i quattromila metri!

In pochi conoscono l’Asia Centrale, che idea ve ne siete fatti preparando il viaggio?

L’idea che ci siamo fatti dell’Asia centrale è quella di un posto un po’ fuori dal tempo e dallo spazio, un po’ come proiettarsi in una realtà parallela rispetto alle nostre città. Enormi spazi sconfinati e inospitali, persone ancora poco abituate alla modernità e con modi di fare da noi dimenticati… almeno nei villaggi rurali perché nelle città ci aspettiamo un tenore di vita più simile al nostro di quanto si possa immaginare. Il Pamir è forse la parte del viaggio che in assoluto ci attrae di più, sia da un punto di vista fisico che culturale. L’idea di attraversare una regione tanto selvaggia ma comunque abitata da tempi remotissimi, così impenetrabile e attraversata da strade la cui praticabilità le rende percorribili solo da alcuni mezzi e in alcuni periodi dell’anno. è difficile dire cos’è che ci affascina maggiormente, ve lo racconteremo però a viaggio in corso se vorrete seguirci!

Ed infine la domanda culturale, c’è qualche libro che è stato importante per avvicinarvi alla Via della seta?

Non c’è un libro in particolare che ci ha ispirati… a farlo sono stati i racconti dei viaggiatori che ci hanno preceduto e tanti altri approfondimenti letti su riviste, siti Internet e documentari dedicati. Non siamo purtroppo grandi lettori ma alla partenza mancano ancora sette mesi e sicuramente leggere qualcosa renderà l’attesa ancora più entusiasmante

Cosa resta da dire se non potere al tandem? Di seguito trovate i contatti dei nostri eroi:

itoeyeproject@gmail.com

https://www.facebook.com/itoeyeproject/

Parti assicurato!

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Fonte immagine: Cycling Silk