Siamo in Mongolia, durante una di quelli notti mongole il cui la steppa diventa immensa, una distesa lunare di silenzio. Sotto un cielo decorato da milioni di stelle, inizia a sentirsi in lontananza un lamento. Dapprima flebile, poi in un crescendo che sembra avvolgere la gher come il vento che spazza il deserto del Gobi. Un lamento che sembra avere qualcosa di familiare, di vivo, quello non è un lamento, ma il suono del morin khuur ossia uno degli strumenti musicali più importanti della Mongolia. Il morin khuur è il grande compagno dei nomadi mongoli, insieme al suo fedele cavallo.
Lo strumento
Si tratta di uno strumento ad arco suonato spesso da un musicista solitario, anche se non è raro trovarlo all’interno di complessi che offrono musica tradizionale mongola. A legare strettamente il morin khuur ai cavalli non solo il suono, che come detto ricorda molto da vicino quello del lamento di un cavallo. La parte superiore dello strumento termina infatti con un’impugnatura a forma di testa di cavallo, mentre l’arco che viene utilizzato per suonarne le due corde è composto da crini di cavallo. Esistono sia corde ricavate dalla coda di stalloni e corde ricavate invece da giumente.
Le origini
Il morin khuur è uno dei simboli stessi della Mongolia, oggetto immancabile nei musei del paese dove ha un posto d’onore. Le diverse leggende legate alla sua origine ci parlavano sempre di cavalli sfortunati. Nella più diffusa il protagonista è Namjil, un pastore dal canto melodioso che viene chiamato a fare il servizio militare. Qui pascola nelle steppe i cavalli dell’esercito e conosce una splendida donna, di cui ovviamente si innamora. Lei regala a Namjil un cavallo alato per correre da lei ma, col passare del tempo, la moglie gelosa del pastore uccide il cavallo e Namjil ne fa uno strumento musicale.
La diffusione
Molto interessante è anche lo studio della diffusione del morin khuur tra i popoli delle steppe. Se di questo strumento non vi è praticamente traccia tra i turchi occidentali, sarebbero invece presenti strumenti simili tra altre popolazioni come i tuvani (l’igil), i kazaki (il kobiz) ed i kirghisi (il kyl kyyak). A riprova di come il morin khuur abbia accompagnato le popolazioni nomadi da tempo immemore nei loro spostamenti, anche il fatto che uno strumento molto simile, detto gusle sia stato ritrovato anche nelle tradizioni dell’Europa sudorientale, ad esempio in Albania, Serbia e Croazia.
Il morin khuur oggi
Oggi anche in Mongolia le tradizioni si stanno un po’ perdendo, soprattutto per via dell’inurbamento delle popolazioni nomadi nella capitale Ulaanbaatar. Il morin khuur tuttavia mantiene vivo il suo fascino, anche grazie allo stretto rapporto della cultura mongola con i cavalli. Lo strumento principe della musica mongola è popolare anche on line, campionamenti moderni compresi. Se volete potete anche comprarne uno direttamente per posta, per esempio su Uuguul, il sito di un francese che della Mongolia si è letteralmente innamorato. Ed innamorarsi della Mongolia non è per niente difficile…
Fonte immagine: correctmongolia.com