Si sono spente le luci sull’edizione italiana dell’Expo, alle polemiche che hanno accompagnato la sua apertura si sostituiscono quelle legate alla sua chiusura, al fantomatico dopo Expo. Mentre non è ancora chiaro se per l’Italia questo evento è stato un successo oppure un fallimento di portata internazionale, il testimone passa alla città che ospiterà la prossima edizione: Astana, capitale del Kazakistan. Probabilmente le eventuali polemiche non troveranno spazio nel mondo dell’informazione kazako, tuttavia ci sono già delle ombre nonostante manchi ancora molto all’evento.
Il titolo della nuova edizione di questa esposizione, che si terrà dal 10 giugno al 10 settembre 2017, sarà quello di “Energia del futuro”, che suona bizzarro se si pensa che il Kazakistan è un gigante nel campo dell’energia del passato, vale a dire il petrolio. Il Kazakistan è infatti un importante esportatore di questo combustibile, soprattutto verso la Cina ma anche verso hub in Olanda, Francia. Austria ed Italia. Ancora più stridente con il titolo del prossimo Expo il fatto che il consumo energetico interno kazako, sia ancora in gran parte legato al carbone.
La produzione petrolifera del Kazakistan lo rende un importante attore geopolitico, dalla costante ricerca di una diversificazione delle sue esportazioni, temendo un legame commerciale troppo stretto con la Cina, e di uno smarcamento dai legami con la Russia, sul cui territorio passa gran parte del greggio kazako. La recente visita di Nazarbayev in Inghilterra e Francia sembra proprio andare nella direzione di allacciare più stretti rapporti economici con l’Europa. A questo fine ospitare l’Expo sembra essere un’occasione perfetta, per la cui realizzazione le autorità kazake sono già all’opera.
La realizzazione del progetto destinato ad ospitare l’Expo 2017 è stato vinto dallo studio americano Adrian Smith e Gordon Gill Architecture. L’idea è quella di trasformare un’area periferica di Astana, nei pressi dell’aeroporto, nella “prima città della terza rivoluzione industriale”, dove gli edifici utilizzeranno l’energia da loro stessi prodotta. Inoltre, è in corso lo studio di appositi pacchetti destinati ad attrarre capitali stranieri tra cui esenzione fiscale, una legislazione speciale e misure che arrivano al rimborso del 30% del capitale speso, senza contare leggi sul lavoro pensate ad hoc.
Diverse ombre rischiano di oscurare il fulgore dell’Expo kazako, a partire dalla crisi economica che sta colpendo il paese. Siamo distanti dalla situazione europea, ma resta il fatto che nell’ultimo biennio la crescita del PIL del Kazakistan sia rallentata dal 6% a meno del 2%, soprattutto per le diminuite esportazioni. Altro fattore, ben più grave, è la piaga della corruzione dilagante nel paese centroasiatico. Si calcola che intorno all’Expo 2017 ruoteranno circa 3 miliardi di dollari solo per la realizzazione, mentre i visitatori attesi sono circa 5 milioni, il che potrebbe risvegliare molti appetiti.
La vetrina internazionale ospitata da Astana rischia di rivelare al mondo il lato più oscuro del Kazakistan, facendo definitivamente dell’Expo una fonte di polemiche vagante per il pianeta, almeno a giudicare dalle inchieste che hanno accompagnato l’edizione italiana. Vista la libertà di stampa kazaka probabilmente non ci sarà nemmeno bisogno di affrontare discussioni sul reale significato delle code infinite di visitatori: successo o pessima organizzazione? Quello che sembra chiaro è che anche l’edizione dell’Expo dedicata all”Energia del futuro” rischia di sprofondare nel passato.
Fonte immagine: Wikicommons
Nazarbaev è ancora al potere?
Ha designato un successore?
C’è molta povertà in Kazakistan?
Ancora lui, ed il futuro e’ molto incerto riguardo alla successione. Come in tutta l’Asia Centrale anche in Kazakistan pochi ricchi e tanti poveri.
A proposito di Cina
Gli scienziati cinesi hanno scoperto un vasto mare sotterraneo nel Deserto del Taklamakan, ricchissimo di carbone.
Carbone che, a detta degli scienziati che hanno fatto la scoperta, potrebbe farci morire tutti, se venisse estratto tutto in una volta!
Quel deserto una volta era una regione floridissima 🙂
Infatti.
Vedi se riesci a trovare, in Inglese, gli studi di Erol Oguz, geologo turco, che a quanto ne so, è stato il primo a scoprire, che il Bacino del Tarim in epoche preistoriche fu un vasto lago d’acqua dolce.
Il quale pur ritirandosi gradualmente a partire dall’8000 a.C. circa, lasciò un paesaggio lussureggiante, un vero Eden, molto diverso dal deserto di oggi.
Gli scienziati cinesi con la recente scoperta di questo mare sotterraneo ricchissimo di giacimenti di carbone, stimati tra i più grandi del mondo, hanno confermato gli stuzi di Oguz.
A modesto parere di chi scrive, se il mito di Shambhala ha un fondo storico, questo fondo potrebbe essere proprio il Bacino del Tarim, il cui ricordo di un passato di abbondanza e fertilità potrebbe essere sopravvissuto nella memoria, soprattutto buddhista, dando origine al mito che appare documentato almeno dal X secolo dopo Cristo, e visto come una sorta di Eden perduto e/o nascosto, per resistere alla crescente pressione musulmana sull’India.
Pressione che tra XIII e XVI secolo avrebbe distrutto il Buddhismo nella sua terra d’origine.
Grazie! 😀
gli studi
Di niente! 🙂
Ho trovato un articolo del geomorfologo Erol Oguz.
L’articolo è in Turco, ma nella bibliografia vi sono due titoli in Inglese di due suoi studi sul Bacino del Tarim, pubblicati nel 1996 e 1999.
In appendice trovi le cartine del Tarim da quando era un lago al deserto che è oggi:
Fai clic per accedere a 11_3.pdf