Tash-Kyya, Chelpek, Burma-Suu e Boru-bash sono quattro villaggi kirghisi situati nei dintorni di Karakol, lungo le sponde del lago Issyk-Kul. Probabilmente ai più non diranno molto, eppure custodiscono una di quelle storie che rende l’Asia Centrale così affascinante, ossia la storia del calmucchi-sarti, una minoranza etnica del Kirghizistan di origine mongola, più precisamente risalente agli Öölds, una popolazione a sua volta parte del gruppo mongolo degli oirati.

La marcia verso ovest

La presenza degi calmucchi-sarti lungo le sponde del più grande lago kirghiso, risale a due distinti ed importanti momenti delle vicende dell’Asia Centrale. Il primo è il khanato degli zungari che, tra XVII e XVIII secolo, sotto la guida del calmucco Galdan si estese dalla Siberia meridionale fino all’odierno Kirghizistan. Tra gli zungari la maggioranza era costituita proprio dagli oirati, da qui deriva la presenza dei calmucchi-sarti in territorio kirghiso.

Il secondo momento importante momento per la nostra storia è la rivolta dei dungani, un termine abbastanza generico con cui si identificano le popolazioni musulmane del Xinjiang. Questa rivolta contro le autorità di Pechino esplose nel XIXI secolo, concludendosi con una sconfitta che portò ad un vero e proprio esodo di popolazioni verso ovest. Tra queste vi furono uighuri, dungani, popolazioni simili differenziate tra loro nel linguaggio, e Calmucchi-sarti.

Il legame con i calmucchi

Le popolazioni mongole sono, genericamente parlando, buddhiste. Cosa ci facevano quindi in Calmucchi-sarti in una rivolta musulmana? La storia a volte è strana, i calmucchi-sarti infatti si trovavano nel Xinjang in quanto rimasti indietro nel corso della migrazione degli oirati verso ovest, iniziata sempre nel XVII secolo. I calmucchi, unico popolo buddhista d’Europa, sono infatti il ramo più occidentale degli oirati, stabilitosi originariamente lungo il delta del Volga.

Una grande differenza tra calmucchi-sarti e calmucchi è la religione, i calmucchi kirghisi non sono infatti buddhisti ma musulmani. Nonostante per lungo tempo i calmucchi-sarti abbiano mantenuto le proprie abitudini, lingua compresa, il loro modo di vivere cambiò radicalmente per via di un altro importante evento storico. Stiamo infatti parlando della “grande guerra patriottica”, ossia come viene chiamata in Russia e nel mondo ex-sovietico la Seconda guerra mondiale.

La guerra cambia tutto

L’identità etnica è importante, nel corso di una guerra ancora di più, se poi ci si trova nell’Unione Sovietica staliniana diventa vitale. Mentre in marcia verso il fronte per combattere i nazisti, i calmucchi-sarti vennero arrestati e deportati in Siberia per sospetto collaborazionismo tra i tedeschi. La somiglianza tra i nomi dei Kalmyk (i calmucchi) e Kalmak (i calmucchi-sarti) si era rivelata troppo pericolosa. Non era un periodo adatto a troppe sottigliezze.

I calmucchi-sarti, come raccontato in questa interessante testimonianza in inglese, non vennero fucilati e riuscirono a tornare dalla Siberia. In ogni caso le autorità, non fidandosi completamente, non li chiamarono più tra i ranghi dell’Armata Rossa. La paura tra i calmucchi-sarti fu talmente grande da accelerare fortemente il processo di integrazione con la popolazione kirghisa. I bambini vennero registrati come kirghisi e negarono ogni legame con i calmucchi.

I calmucchi-sarti oggi

Oggi questa minoranza è oggetto di studio tra gli specialisti, che devono basarsi sopratutto sul dna per le loro ricerche. Oltre alle consuetudini, anche la lingua sta scomparendo venendo parlata solo da pochi anziani. In più i giovani sono alle prese con un nuovo esodo, questa volta verso Bishkek e altre città alla ricerca di lavoro alternativo al tradizionale allevamento. Come mostrano i più recenti censimenti, i calmucchi-sarti in Kirghizistan sono sempre meno.

Fonte immagine: Flickr