Occuparsi di Cina non è facile, ci si trova in una coltre di nebbie da diradare solo per capire dove si trovi l’orizzonte. I motivi sono molteplici: dalla poca trasparenza del regime di Pechino alla narrazione interessate che ne fanno i media occidentali, dalle differenze culturali all’incapacità di essere davvero oggettivi. Per chi vuole conoscere meglio la realtà cinese senza parlarne la lingua, non resta che affidarsi a studiosi come Alessandra Colarizi che grazie alla padronanza del cinese possono immergersi in una notevole mole di informazioni traendone poi elementi utili.
Il libro
Uno dei pregi di Africa rossa, ottimo libro edito da L’asino d’oro, è quello di non essere un’opera a tema che parte dalle risposte per poi costruirci intorno. L’autrice offre invece una serie non indifferente di dati relativi alle relazioni economiche e commerciali tra Cina ed Africa, in tal modo il lettore può farsi un’idea. A completamento dell’opera Alessandra Colarizi include nel volume una nutrita bibliografia, perlopiù composta da articoli apparsi su riviste e periodici, a conferma del carattere poco ideologico e molto pratico del suo lavoro di ricerca sulle relazioni tra Africa e Cina.
Quello che emerge dalla lettura di questo libro è un rapporto antico tra Cina ed Africa, giusto per citare un famoso esempio basti pensare ai viaggi dell’ammiraglio Zheng He durante la dinastia Ming. Venendo a tempi più recenti, come ben illustra, l’autrice abbiamo la comune lotta antimperialista tra la Cina maoista ed i popoli africani in lotta con le potenze coloniali. Le cose cambieranno proprio dopo Mao, quando in tempi ancora più recenti la base ideologica delle relazioni tra Cina ed Africa lascerà spazio all’interesse economico; sempre rosso ma più sbiadito.
Gli stereotipi
Cina ed Africa sono due realtà intorno a cui è stato costruito una vera e propria gabbia di stereotipi. Una Cina che guarda solo al proprio guadagno, con una struttura piramidale e politiche decise da Pechino. Politiche che strangolano col debito paesi africani arretrati ed incapaci di essere autonomi. Poco importo che in realtà l’Africa sta ponendo le basi di una crescita senza precedenti e che la Cina sia alle prese con un cambiamento radicale nelle tipologie di investimento nel continente, dovendo gestire sia intervento pubblico che attivismo privato. Tutti temi su cui Africa rossa aiuta a fare luce.
Causa degli stereotipi è, tuttavia, almeno in parte la stessa Cina. Venute meno le motivazioni puramente ideologiche e non potendo diventare paladina del capitalismo finanziario tout court, la Cina si trova a dover giustificare i propri interventi in Africa, nascondendo qualche magagna di troppo. Le autorità di Pechino, come risalta da queste pagine, sono consapevoli dei problemi legati alla presenza in Cina, cercando anche di porvi rimedio. Allo stesso tempo, tuttavia, la necessità di doversi difendere da un’eccessiva trasparenza. Insomma, bisogna guardare ai fatti e non agli slogan.
La sfida
Il capitolo finale del libro è forse la parte più militante dell’opera, quella in cui si afferma che in sostanza l’occidente del rapporto tra Cina ed Africa o non ha capito molto, oppure finge di non capire. Come Pechino ha un’immagine da mantenere, così le capitali europee non possono accettare di essere obiettive sulle politiche cinesi, pena un mettersi in gioco che arriverebbe a destabilizzare il loro posizionamento, una parola cara all’autrice, internazionale. In un gioco di specchi deformanti, libri come Africa rossa aiutano il lettore interessato almeno a mettere in ordini i pezzi del puzzle.
Fonte immagine: atalayar.com