Pensare all’Asia Centrale come una regione del mondo isolata e senza legami col resto del mondo è sicuramente affascinante, tuttavia è anche molto fuorviante. Avevamo già affrontato questo tema recensendo Dictators without borders, un libro dedicato ai legami centroasiatici non del tutto trasparenti con la finanza internazionale. Lo stesso si può dire per quanto riguarda le criptovalute, un tema di cui si parlerà sempre più spesso e che rischia di segnare profondamente la vita politica delle repubbliche centroasiatiche, finite al centro di un vero e proprio scontro geopolitico per il controllo delle blockchain.

L’aumentato interesse per le criptovalute in Asia Centrale si sovrappone, inoltre, alla tradizionale lotta tra Uzbekistan e Kazakistan per il ruolo di leader regionale. Le autorità uzbeke hanno infatti permesso il lancio di Mangu, il primo exchange ossia il “mercato” delle criptovalute centroasiatico a cui il Kazakistan ha prontamente risposto con l’annuncio della prossima apertura dell’ exchange XIGNAL&MT. Per capire le ragioni dietro all’apertura dell’Asia Centrale verso questo settore finanziario relativamente nuovo, così come dei vantaggi e degli svantaggi che ne potrebbero derivare bisogna tenere presenti diversi fattori.

La crisi iraniana

Mining, una parola ai più sconosciuta ma al centro di una vera guerra geopolitica. Detto in termini molto ma molto grossolani, mining significa creare i Bitcoin e le altre criptovalute, per farlo serve moltissima corrente elettrica. Sino ad oggi uno dei paesi leader nel mining è stato l’Iran, paese dove questa attività è legale e supportata dallo stato. Tuttavia a seguito della crisi economica e delle nuove tensioni con gli Stati Uniti, il governo iraniano si è trovato costretto a rivedere questa politica aumentando i costi dell’energia, il che ha spinto molte realtà che fanno mining, a lasciare il paese e cercare nuovi paesi in cui trasferirsi.

Una delle mete prescelte è proprio l’Asia Centrale, soprattutto Uzkbekistan e Kirghizistan, dove i bassi costi energetici sono molto attraenti per il mining, dietro cui si celano aziende cinesi. La Cina è il grande attore nella battaglia planetaria per il controllo delle criptovalute, in più i timori sono che possa sfruttare l’energia centroasiatica in maniera indiscriminata, come la Russia sta facendo nella repubblica dell’Abkhazia. I rapporti tra Cina ed Asia Centrale si arricchiscono quindi di un nuovo fronte di incontro/scontro, facendo delle repubbliche centroasiatiche – ancora una volta – una regione dalla grande importanza geopolitica.

Le regole del gioco

In uno scontro geopolitico non potevano certo mancare gli USA, tuttavia la posizione statunitense sui Bitcoin e le altre criptovalute è abbastanza ambigua. Se da un lato c’è la consapevolezza di dover affrontare il tema, dall’altro ci sono i sospetti (a volte esagerati) che i Bitcoin siano uno strumento usato dai fondamentalisti islamici per fare transazioni sul dark web, ossia quel mondo sommerso di internet dove l’illegalità è diffusa. A mettere pressione agli Stati Uniti ed al resto del mondo è proprio la Cina, che ha recentemente lanciato lo yuan digitale, vera e propria moneta virtuale “di stato” di cui avevamo già parlato.

Questa situazione ha spinto l’OSCE a lanciare appelli per la regolamentazione delle leggi relative alle criptovalute, soprattutto in quelle parti del mondo come l’Asia Centrale dove il sistema legislativo è lontano dall’essere perfetto. Per quanto riguarda l’Unione Europea si segnalano, anche in Italia, diversi progetti di studio legati alle banche centrali per arrivare a monete virtuali secondo l’esempio cinese. Sono tuttavia le aziende private ad essere all’avanguardia in questo settore finanziario, tanto che uno dei campi ci si aspetta un notevole sviluppo delle criptovalute è la, tecnicamente, tokenizzazione degli assets e dei dividendi.

Verso il futuro?

La pandemia da Coronavirus ha sicuramente dato una spinta verso la ricerca di soluzioni per eliminare il contante, mostrando allo stesso tempo come in questa ricerca i paesi asiatici, grazie anche alla locomotiva cinese, siano nettamente più avanti rispetto al mondo occidentale. C’è tuttavia un aspetto ulteriore che non va dimenticato, ossia come i Bitcoin e le altre criptovalute siano importanti per quei paesi dove l’accesso al denaro non è semplice, il che spiega come un continente molto promettente per le valute digitali sia l’Africa, dove paesi come il Kenia e la Nigeria sono molto attivi nello sviluppo del settore.

Tornando allo scontro geopolitico in corso, non si può non citare il caso Venezuela ed al suo Petro. Il paese sudamericano ha infatti creato una propria criptovaluta per aggirare le sanzioni statunitensi, tentando poi di imporla come moneta di scambio all’interno dei suoi confini. Sul piano internazionale, sempre il Venezuela ha iniziato ad operari scambi commerciali con Turchia ed Iran utilizzando Bitcoin ed Ethereum, la seconda criptovaluta per importanza, al posto del dollaro. Possiamo quindi dire che l’Asia Centrale è a tutti gli effetti al centro di una vera e propria guerra finanziaria, resta da vedere come saprà approfittarne.

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Fonte immagine: Kriptonesia