Il 12 agosto 1920, a Fiume, D’Annunzio proclama la Reggenza Italiana del Carnaro. D’Annunzio ed i suoi legionari hanno occupato Fiume dal 12 settembre 1919, mettendo in seria difficoltà il governo italiano impegnato nelle trattative di Versailles che devono chiudere il capitolo della Prima guerra mondiale, assegnando colpe (la famosa questione della responsabilità tedesca che tanta parte avrà tra le cause della Seconda guerra mondiale) e ridisegnando confini (in barba al principio delle nazionalità proclamato dal presidente americano Wilson). Ma Fiume è ancora oggi un’impresa poco conosciuta, i motivi sono molti.

L’Impresa di Fiume è scomoda, nel dopoguerra in un Italia in piena guerra fredda e reale line di confine tra il mondo comunista e quello liberaldemocratico, non c’era spazio per una storia oggettiva o che tentasse di esserlo. Ciò che è andato in onda a Fiume, una città stato retta da un poeta, era difficilmente inquadrabile in logiche di schieramento, impossibile stabilire un confine, sempre il confine vera spada di Damocle della Storia italiana, tra buoni e cattivi. Fiume come detto non era inquadrabile, l’unica soluzione era darne letture di comodo senza andare a sviscerare troppo i fatti, pena il doversi mettere in discussione cosa che pochi amano fare.

Di Fiume ha dato una lettura di comodo il mondo del neofascismo, a qualunque anima del fascismo facesse riferimento. Gli uomini d’ordine hanno trasformato Fiume in una reazione nazionalista dimenticando che i nazionalisti a Fiume erano scandalizzati – e sbeffeggiati – dai legionari e che la Carta del Carnaro, la costituzione di Fiume, risulta ancora oggi tra le più avanzate mai concepite: parità di genere, diritto di voto alle donne, proprietà privata statalizzata se socialmente improduttiva, multi confessionalismo e multilinguismo nelle scuole. Dimenticano poi che Italia a Fiume mandò i cannoni.

L’anima sociale del neofascismo, quella che rivendica il fascismo delle origini e quello di Salò uniti da un filo rosso di giovani che percorse il regime contestando dall’interno, un nome su tutti Bottai, molti dei quali confluiti nel PCI del dopoguerra, si legga Fascisti Rossi di Paolo Buchignani. Ma la verginità di questi neofascisti non può essere rifatta, a Fiume Mussolini non c’era anzi non mandò nemmeno tutti i soldi raccolti tra i lettori del suo giornale. Fiume non è stato un pre-fascismo, come i fasci di combattimento pagati dagli agrari per reprimere i contadini non erano più quelli nati nel 1919, se ne facciano una ragione.

GUERRA CIVILE E STATO PER UNA REVISIONE DA SINISTRA con una mappa ...A sinistra invece Fiume non poteva essere inserita tra le tappe scientifiche della rivoluzione, c’erano anarchici, nudisti, cocainomani, teppa. Tutte tipologie di persone mai amate dal comunismo razionale basato sul materialismo storico, ne sanno qualcosa i gruppi extraparlamentari del ’68 ed i più tardi punk. Il partito comunista italiano era bloccato dalla geopolitica, eterna opposizione e vera forza conservatrice d’Italia. La Storia andava piegata al servizio della teoria, che fosse Fiume o la resistenza, come mette benissimo in luce il breve libro Guerra Civile e Stato, delle edizioni Odradek non certo definibili di destra.

Ma quindi cosa fu Fiume? Fu un evento unico, l’incontro di molte diversità. C’erano gli arditi reduci della prima guerra mondiale, protagonisti di quel momento rivoluzionario che fu Caporetto magistralmente descritto da Curzio Malaparte in Viva Caporetto! Opera più volte sequestrata alla sua uscita nelle librerie. Ma c’erano anche gli anarchici, i futuristi che solo per malafede oggi sono ritenuti dei protofascisti, c’erano tutte quelle anime inquiete e ribelli al mondo moderno, ansiosi di creare un mondo nuovo dopo la guerra, un mondo che non cancellasse con un tratto di penna i caduti e le speranze rendendo inutile la guerra.

Un libro che dedica molta attenzione ai protagonisti, pur inquadrandoli nel contesto storico è Fiume di Pier Luigi Vercesi. Un libro agile e avvincente che presenta i fatti come furono, senza implicazioni politiche o morali. Fiume fu occupata da un poeta e da disertori dell’esercito italiano, dando avvio ad un vero e proprio laboratorio politico e sociale. Tutti a Fiume potevano essere quello che volevano, potevano crearsi il proprio mondo facendo un modello sociale, dalle pagine di Vercesi escono delle figure uniche, colpevolmente trascurate dalla Storia italiana, una su tutte quella di Guido Keller, la più appariscente.

Come ben nota Vercesi, di Fiume tentò di appropriarsene il fascismo tanto che Mussolini riprese da Fiume forma e sostanza ma facendone strumenti di ordine e non di disordine creativo come furono a Fiume, temendo poi D’Annunzio come il suo più grande avversario. Il fascismo, e poi per reazione il comunismo, si concentrarono sul nazionalismo fiumano, ma questo era ben lontano dal nazionalismo borghese tronfio e grasso, era il nazionalismo che portò al fronte anche gli anarchici ed i sindacalisti rivoluzionari, come lo era Alcestre De Ambris che scrisse i punti della Carta del Carnaro poi rivista nel linguaggio da D’annunzio.

A Fiume si interessò anche Antonio Gramsci e, quando si affermò la corrente più estremista, si cercò l’aiuto di Errico Malatesta e di tutte le forze rivoluzionarie, cercando inoltre fondi ovunque fosse possibile. Fiume era di fatto vittima di un embargo, costretta ad arrangiarsi e specializzandosi nella pirateria. Come ben dimostra un altro libro fondamentale per capire l’anima di Fiume, ossia Alla festa della rivoluzione scritto da Claudia Salaris, una studiosa del movimento futurista ed esperta di controcultura. L’autrice, offrendo anche molti stralci da documenti del tempo, mostra come a Fiume si realizzò una vera società alternativa.

Secondo l’autrice a Fiume vennero pensati molti dei temi poi esposi con la contestazione del ’68, basti citare la rivista Yoga animata dall’instancabile Keller, insieme ad un giovane Comisso, animatore ogni impresa che fosse uno schiaffo al perbenismo ed al sentire comune. A Fiume suonò Toscanini, a Fiume ci furono futuri esponenti di primo piano del fascismo come dell’antifascismo, Fiume fu una vera “città di vita” come la definì D’Annunzio. E nella vita bene e male sono nettamente distinti solo per chi non vive. Un tema molto presente nel libro sono poi i futuristi, spesso liquidati come compagni di strada del fascismo.

I futuristi furono molto altro, furono l’espressione di una società nuova, e come una società nuova avevano tra loro molte contraddizioni. Una società mai vista, da inventare giorno dopo giorno, anzi atto dopo atto, proprio quello che andò in scena a Fiume. Non è un caso che l’autrice citi Hakim Bey, autore di una delle opere più importanti nel mondo della controcultura, vale a dire TAZ. Zone Temporaneamente Autonome. A sua volta Hakim Bey cita Fiume nel suo libro, anticipando quelli che saranno i suoi interessi successivi, ossia le economie pirata, proprio come fu a Fiume. Un ulteriore spunto per capire cosa avvenne davvero a Fiume.

Ma cosa avvenne davvero a Fiume? Avvenne che qualcuno decise di scrivere la Storia, mettendosi in gioco in prima persona senza necessità di ribadire che “la storia siamo noi”. La Storia è un campo di battaglia, anche ideologico, la scelta delle fonti è già di per sé una scelta di campo ed il dibattito sulla possibilità di una Storia oggettiva è aperto da lungo tempo. Ma la Storia non può essere al servizio di nessuno, bisogna guardare in faccia anche le cose più scomode, come scomoda fu Fiume. Una sterile rivolta? Una rivoluzione mancata? La prova generale del fascismo? A Fiume andò in scena la vita, nella sua immensa dura bellezza.

Fonte immagine: Ovidionews.it