Una delle componenti fondamentali dell’identità di una comunità è senza dubbio la lingua parlata, un vero e proprio confine non fisico che separa gli individui. Personalmente non amando i confini, sono molto affascinato da come una lingua muti nel tempo e nello spazio, arrivando a sfumare in parlate locali che di fatto i confini li aboliscono. In ogni caso la lingua è un qualcosa di divo, che si sviluppa e muore, come nel caso delle lingue dette appunto morte. La lingua è tuttavia importante anche come indice dell’identità di una nazione e del suo rapporto con gli altri paesi, come nel caso della Mongolia incuneata tra Russia e Cina.

Il mongolo oggi parlato in Mongolia è quello dell’etnia maggioritaria, ossia i khalkha che rappresentano circa il 90% della popolazione del paese. Il mongolo viene parlato anche nella regione cinese della Mongolia interna, dove paradossalmente vivono più persone di etnia mongola di quante non ve ne siano nella stessa Mongolia. Altri linguaggi vicini al mongolo sono parlati tra i buriati ed i calmucchi di Russia nonché tra i moghul (o mogol) afghani, la lingua rappresenta infatti un preziosissimo indicatore delle migrazioni di popoli che hanno caratterizzato nel corso dei millenni la Storia dell’Asia Centrale e delle regioni limitrofe.

Quella della lingua mongola è una storia avvincente. Le prime fonti scritte in mongolo risalgono al XIV secolo, usando una variante dell’alfabeto Uiguro oggi definita bichig. Nel 1924 la Mongolia fu il secondo paese al mondo ad adottare il socialismo come ideologia di Stato, da qui le riforme che portarono nel 1931 all’introduzione dell’alfabeto latino e quindi, nel 1941, di quello cirillico. Il russo divenne la lingua più parlata del paese, in un contesto in cui la Mongolia era ritenuta la “sedicesima repubblica sovietica”. I legami con Mosca erano infatti particolarmente stretti, nell’ottica di contrastare il comune nemico cinese.

Oggi le cose sono cambiate, il vento del cambiamento ha toccato anche la Mongolia e dal 2003 l’inglese ha rimpiazzato il russo come seconda lingua studiata nelle scuole. Una nuova generazione di mongoli è cresciuta senza parlare russo ed altre lingue hanno fatto la loro comparsa, come il tedesco ed il coreano, questo per via dell’immigrazione mongola in Corea del sud. Il governo mongolo ha infatti dichiarato l’avvio della terza fase di un progetto deciso nel 2015, ossia la reintroduzione entro dieci anni del bichig, il cui utilizzo odierno è pressoché limitato al campo artistico e letterario, al posto dell’alfabeto cirillico ancora in uso.

Per il governo mongolo questa rappresenta una vera sfida, visto che il mongolo medio conosce nulla o molto poco di questa scrittura tradizionale. Questo percorso di recupero della propria identità storica, avviene in un contesto in cui la Mongolia sembra assetata di tornare a bere alle fonti delle sue origini. Il mercato editoriale del paese sembra infatti vivere un vero e proprio boom, con circa seicento volumi pubblicati ogni anno. Il lettore mongolo sembra preferire due grandi temi: la Storia del proprio paese e la traduzione dei grandi nomi della letteratura internazionale, il che dice molto sull’identità mongola di oggi.

Pur non essendo formalmente parte dell’Unione Sovietica la Mongolia ne ha tuttavia condiviso alcuni aspetti, come il senso di chiusura e la riscrittura della Storia in base agli interessi di Mosca, o se preferite della rivoluzione socialista. La decisione del governo mongolo ha reso più complicati i rapporti con la confinante Russia, che vede un altro paese abbandonare il cirillico come già successo in Azerbaijan nel 1991, in Uzbekistan nel 2002 e l’anno successivo in Turkmenistan, mentre nel 2018 il Kazakistan ha deciso di cambiare alfabeto anch’esso entro il 2025; una progressiva perdita di egemonia per la cultura russa.

La Mongolia da diverso tempo ha rimesso in discussione il suo ruolo geopolitico, anche se la storica rivalità impedisce un troppo stretto avvicinamento a Pechino, segno di ciò anche la mancata diffusione della lingua cinese nel paese. Quello che tuttavia sembra evidente è come la lingua sia un potente fattore di coesione che determina sé stessi ed i rapporti con il mondo circostante. Tornerà il bichig ad essere la lingua franca dell’Asia Centrale come ai tempi di Gengis Khan? Sembra difficile ma meglio iniziare a prendere confidenza con questa strana lingua scritta in verticale, potresti averne bisogno nel tuo prossimo viaggio in Mongolia!

Parti per la Mongolia con Farfalle e trincee!

Fonte immagine: interpretermag.com