Capita a volta che delle connessioni mentali si stabiliscano da sé, senza alcuno sforzo, mettendo in relazione fatti apparentemente del tutto estranei. Quando questo accade, solitamente, alla chiarezza di comprensione del disegno si accompagna una difficoltà di spiegazione dell’intuizione avuta, avvicinandoci al concetto di illuminazione che tanta parte ha avuto nella storia del pensiero, in particolare di quello religioso. Questo mi è successo leggendo un libro dedicato alle esperienze missionarie dei gesuiti in Asia tra XV e XVIII secolo, quando la fede viaggiava sulle insicure navi che solcavano nuove rotte commerciali. Il caso ha voluto che nello stesso periodo sia venuto a conoscenza di una proposta di legge del parlamento mongolo per la costruzione di alcune sale da gioco.
Il libro in questione, L’antica via della seta scritto da F. A. Plattner, a suo tempo edito da una casa editrice missionaria, è ormai introvabile. Un libretto a prima vista innocuo con la sua copertina che ricorda i vecchi romanzi d’avventura, ma una volta aperto si rivela una vera enciclopedia del martirio gesuita nel corso delle spedizioni missionarie in Asia. Le pagine dell’opera sono una ecatombe di padri morti in tutti i modi possibili, la maggior parte affogata nel corso dei naufragi delle navi portoghesi che li trasportavano. Pagina dopo pagina troviamo preti che, spinti dalla loro fede evangelizzatrice, esplorano strade mai esplorate prima. Poco importa che gli ardui sentieri li portino sulle vette del Tibet o tra i deserti arabici, i gesuiti andavano e spesso morivano.
Per la missione gesuita ebbe particolare importanza la Cina, grazie all’opera di figure davvero notevoli come quella di Matteo Ricci. In Cina i gesuiti riuscirono, seppur a fasi alterne, a conquistarsi la fiducia degli imperatori aprendo il paese alla conoscenza dell’Europa e della cultura occidentale. Spesso i gesuiti arrivarono a capo di importanti uffici dell’impero come quello astronomico o quelli connessi alla cartografia ed alle scienze matematiche. Per riuscire nella loro opera di conversione i gesuiti non esitarono ad adattarsi agli usi cinesi, arrivando a provocare delle vere e proprie controversie dottrinali in merito. Tuttavia l’incontro tra due mondi così diversi non fu certo semplice, alcuni studiosi arrivano a leggere le missioni gesuite in Cina come un insuccesso, nonostante il progresso scientifico e culturale derivatone.
I tempi cambiano e con loro cambia anche la prospettiva. Dai gesuiti i cinesi appresero molto, dalla fabbricazione dei cannoni alla costruzione di orologi, imparando a conoscere un Dio diverso da quello che spingeva i missionari, quello del progresso e del mercato moderno. Oggi la Cina si fa a sua volta missionaria in Asia, ma anche in quell’occidente che bussò alla sua porta, entrando a volte dalla finestra, in cerca di anime da convertire. Oggi le classe medie asiatiche hanno imparato a venerare questo Dio, ben rappresentato nelle case da gioco sempre più diffuse in tutto il continente e spesso realizzate da capitali cinesi. Certo vi sono anche altri luoghi dove la Cina dimostra di avere bene appreso la lezione dei maestri occidentali, ma sono i casino che assurgono al ruolo di odierni luoghi di culto.
Praticamente in tutti i confini tra la Cina ed i paesi vicini ci sono delle case da gioco. Uno dei casi più eclatanti è forse quello di Boten Golden City, nella terra di nessuno tra Cina e Laos, ma gli esempi sono numerosi. Tra gli altri abbiamo anche Mong La sul confine con la Birmania e Poipet che si trova tra Thailandia e Cambogia, a poca distanza dai templi di Angkor vera e propria mecca del turismo cinese. Ma presto potrebbe aggiungersi anche la Mongolia, visto che uno dei due casino che probabilmente vedranno la luce si trova Zamiin-Uud, nei pressi del confine cinese. Uno degli aspetti più interessanti di questo “culto moderno” risulta essere il fatto che le sale da gioco sono spesso riservate agli stranieri, proibite ai locali sia dalla legge che dalle possibilità economiche, come sottolinea il dibattito in corso in Mongolia.
Purtroppo, o per fortuna, i missionari gesuiti che furono non ci sono più, non potendo quindi vedere come i loro sforzi di evangelizzazione abbiano contribuito a produrre nuovi peccatori, perdipiù pagani. Ma in fondo chi può dire di essere del tutto innocente?
Ottimo articolo.
Una precisazione: la Compagnia di Gesù, nasce a Parigi nel 1534, e viene confermata dal papa Paolo III (1534-1549) nel 1540.
Grazie mille 🙂