Quello della prostituzione è un tema delicato, spesso affrontato con un’ottica infarcita di pregiudizi e moralismi; sia che si voglia negare il fenomeno, dimenticando che si tratta del mestiere più antico del mondo, sia che si voglia minimizzare il fatto che si stia pagando per fare del sesso. Quella che viene chiamata, con un linguaggio freddo ed impersonale, mercificazione del corpo è un aspetto spesso strettamente intrecciato, ma sarebbe meglio dire avvinghiato, all’Asia. In alcuni paesi asiatici, come la Thailandia, il turismo sessuale rappresenta una quota estremamente importante dell’intero comparto turistico, soprattutto in alcune località come Pukhet o Pattaya.

La prostituzione vede la presenza di due controparti: il cliente e la prostituta. A seconda di quale delle due parti si ritenga maggiormente “colpevole” si avranno vari tipi di legislazione, il che non è assolutamente cosa banale da dire. Nella maggior parte dei paesi asiatici, se non del mondo, la prostituzone è illegale, spesso tollerata come importante fonte di guadagno, ma le cose stanno cambiando. In particolare, ad una crescita economica dei paesi della regione si accompagna una politica, da parte delle autorità, di repressione dei fenomeni più evidenti di prostituzione, come recentemente successo a Dongguang in Cina oppure a Surabaya in Indonesia, due città famose per la loro industria del sesso.

A prima vista sembrerebbe molto facile attribuire colpe e ruoli: una povera ragazza indigente si vende per denaro ad un ricco sfruttatore occidentale; ma nulla è mai semplice. Certo, quasi sempre avviene proprio così: ragazze nate in povere famiglie di campagna vanno in città per cercare di raccogliere denaro da mandare alla famiglia, permettendole di sopravvivere. Eppure la globalizzazione ha cambiato il quadro che stiamo affrontando. E se la prostituzione esiste da sempre, un evento epocale è stata la guerra del Vietnam; guerre e povertà favoriscono sempre la prostituzione, come fingono di dimenticare molti italiani a proposito di cosa accadde nel nostro paese durante la seconda guerra mondiale.

Mai come oggi mondi diversi possono toccarsi, basta un click. Da un lato i mezzi di informazione hanno diffuso tra le ragazze asiatiche modelli ed aspirazioni occidentali, rendendo la prostituzione non più (non solo) un mezzo di mera sopravvivenza, andando invece a sfociare nella sfera dell’ottenimento del superfluo assunto e vero e prorpio status symbol. Le ragazze tentano quindi di sembrare occidentali, negando per giunta le proprie origini. Dall’altro lato la possibilità di viaggiare ha spinto in Asia anche persone in cerca di sesso a poco prezzo che possono illudersi in merito al proprio potere d’acquisto, oppure fuggire da un Occidente dove il sesso è sempre più legato agli stereotipi della forza e della bellezza.

Tuttavia ogni mercato ha le sue regole, anche quello della prostituzione. Oggi l’Asia è sommersa da russi, giapponesi e cinesi, nuovi ricchi che, relegando tra l’altro i turisti occidentali in fasce sempre più marginali, fanno lievitare i prezzi delle ragazze che si trovano a dover competere con nuovi standard di bellezza richiesti. Un turista danaroso fa gola, per accappararselo bisogna essere pronte a tutto. Non è un caso che anche le ragazzine europee, certo sempre innocenti, abbiamo scoperto la necessità di offrire promozioni ed abbonamenti per i loro spettacolini, certamente innocenti anche questi, in webcam. Di fronte a tutto ciò i governi asiatici sono alle prese con moltissimi dubbi.

Permettere la prostituzione come fonte di guadagno? Legalizzarla, come si chiede da più parti, per cercare di controllarla? Oppure proibirla in ogni sua forma e tentare di ritornare ad una purezza originaria forse mai esistita? Quello che sembra certo è che anche in questo campo la globalizzazione ha toccato delle dinamiche preesistenti, accelerandole in maniera esponenziale, rendendo difficile capire dove queste porteranno.