L’ultimo mese è stato davvero molto intenso per la Turchia. Senza voler entrare nelle sabbie mobili della “questione siriana” va comunque detto che Ankara, coerentemente con propri obiettivi di diventare una potenza regionale, sta assumendo sempre più peso nella sfera delle relazioni internazionali, soprattutto per quanto riguarda il settore energetico.

Il mese di ottobre è stato per la Turchia scandito dalle problematiche che hanno interrotto il flusso dei suoi gasdotti. Il primo ad essere messo fuori uso è stato il BTC (Baku-Tbilisi-Ceyan), una pipeline costruita tra il 2003 ed il 2005 con intenti abbastanza esplicitamente antirussi. A seguito di tale interruzione di gas il governo turco si è accordato con l’Iran per un aumento delle forniture, ma il destino ha voluto diversamente. Infatti dopo meno di tre settimane anche il gasdotto che unisce Iran e Turchia ha cessato di funzionare, questa volte per un esplosione che ha sabotato le condotte, costringendo Ankara a richiedere l’intervento della Russia, intervento presto materializzatosi con un aumento del 50% del gas fornito da Gazprom alla Turchia.

I dubbi sul complesso della vicenda non mancano. Innanzitutto relativamente al BTC mentre le autorità turche parlano di sabotaggio British Petroleum, che gestisce il gasdotto, abbia dichiarato di avere interrotto il flusso per lavori di manutenzione, lungi da noi collegare malignamente la cosa agli accordi raggiunti tra BP e Rosneft per l’acquisisione da parte di quest’ultima della joint venture anglo-russa TNK-BP. Inoltre la Turchia ha colto l’occasione per ribadire ancora una volta la volontà di rivedere le clausole dei contratti energetici con l’Azerbaijan, nonostante il procedere della realizzazione della turco-azera TANAP pipeline, come ormai noto fondamentale per il trasporto del gas azero in Europa.
Anche dopo l’esplosione che ha interrotto il flusso di gas dall’Iran la Turchia si è comportata nello stesso modo. Ankara ha infatti dichiarato che se non si arriverà ad una revisione dei prezzi imposti da Teheran le richieste di gas iraniano verranno drasticamente ridotte. A rendere più minacciosa tale posizione contribuisce la possibilità che l’Unione Europea applichi nuove sanzioni al regime di Teheran, compreso l’export di gas. Quindi a prima vista sembrerebbe ci sia una chiara coincidenza di vedute tra UE e Turchia, ma proprio le nuove possibili sanzioni pongono qualche dubbio. Se da un lato la Turchia, sempre più percorso imprescindibile per il gas diretto verso l’Europa, può farsi forte della sua posizione geografica e dei bisogni europei per rivedere i suoi accordi commerciali, dall’altro sembra perlomeno strano che l’UE si privi del gas proveniente da un importante paese produttore e per di più spingendo la Turchia verso Mosca, mentre essa stessa proprio da Mosca cerca indipendenza. Viene quasi da pensare che le sanzioni all’Iran siano un tentativo di favorire la Turchia e un modo per togliere motivazioni al minacciato intervento di Israele contro la teocrazia islamica, in ogni caso per l’UE il gas iraniano potrebbe essere davvero importante.

L’Iran per contro sta trattando accordi commerciali con importanti paesi importatori come la Corea del Sud, intensificando i rapporti con paesi partner come il Qatar ed, inoltre, completando un gasdotto che porterà il gas iraniano nel sud dell’Iraq. Tale operazione sembra essere strettamente connessa alle mire turche sul nord dell’Iraq. E non sembra nemmeno un caso che la Turchia abbia accusato i guerriglieri curdi di essere i responsabili per entrambe le interruzioni di gas. Il sud dell’Iraq è ritenuta da Teheran zona di sua influenza e la realizzazione della pipeline pone in diretta concorrenza Teheran ed Ankara. Una fornitura iraniana all’Iraq sarebbe un duro colpo per gli interessi turchi nel paese. La Turchia sta infatti pensando di realizzare un oleodotto che arrivi nel sud del territorio iracheno per poter sfruttare i giacimenti del Kurdistan limitando le possibilità di una scissione del nord del paese, a maggioranza curda; in realtà Ankara non ha le idee chiare sulla soluzione migliore per sfruttare gas e petrolio curdi, il che complica i rapporti con l’Iran, sempre senza entrare nel merito delle dinamiche siriane.

Una situazione quindi estremamente instabile, con un Unione Europea che non sembra essere in grado di curare al meglio i propri interessi.