Spinta dal bisogno energetico l’Unione Europea ha sempre piu’ necessita’ di stabilire relazioni commerciali con l’Asia Centrale, e piu’ precisamente con quei paesi centroasiatici che sono ricchi di petrolio e gas. Per fare questo, a partire dalla dissoluzione dell’URSS, sono stati numerosi i tentativi di penetrazione nella regione. In Asia Centrale l’”occidente” si scontra con le due potenze che vedono l’area come appartenente alla propria sfera d’influenza, ossia la Russia e la Cina.

Se la prima storicamente si pone come “protettrice” dei paesi centroasatici (tutti facenti precedentemente parte dell’Unione Sovietica), la seconda e’ spinta dalla necessita’ di soddifare il proprio fabbisogno energetico. Dunque una situazione non semplice . La domanda su quale sia il ruolo dell’UE in Asia Centale sorge quindi spontanea.

Gli strumenti con i quali i paesi europei hanno tentato (e tentano tutt’ora) di penetrare nella regione sono gli accordi commerciali, in particolare quelli riguardanti le forniture di combustibile; tra i piu’ importanti possiamo ricordarne due: INOGATE e TRACECA.
INterstate Oil and GAs Transportation to Europe nasce nel 1995 con l’obiettivo di creare una rete di infrastrutture idonee a congiungere Europa, Caucaso ed Asia Centrale tramite una rete di pipeline per il trasporto di gas e petrolio. Questo progetto e’ stato seguito nel 1998 dal TRAnsport Corridor Europe-Caucasus-Asia (chiamato anche The Great Silk Way) che si configura piu’ come un’organizzazione dedita alla cooperazione economica. Questi programmi sono apparsi da subito viziati da una componente “ideologica”, ossia l’avere un’impostazione piu’ rispondente agli interessi politici degli USA che a concreti interessi economici. L’esigenza che sembra avere guidato INOGATE appare essere quella di escludere alcuni paesi, come Russia e Iran, arrivando a progettare percorsi per le rotte commerciali piu’ lunghi di quelli gia’ esistenti e a tratti addirittura tortuosi.

Una revisione di tale politica e’ stata fatta nel 2007 con lEU and Central Asia: Strategy for a new Partnerships”, una strategia elaborata dall’Unione Europea per far fronte alla sempre piu’ forte presenza cinese e russa nella regione. Tale documento prevede una maggiore collaborazione tra UE e paesi centroasiatici in diversi campi ma pone anche numerosi problemi; innanzitutto quello del rapportarsi a paesi non democratici viziati da corruzione e mancanza di trasparenza. Paesi che perdipiu’ non accettano ingerenze nella politica interna, arrivando cosi’ a delle “democratizzazioni” farsesche al solo fine di rassicurare gli investitori esteri, con un’Unione Europea che finge di ritenerle reali pur di non perdere i propri interessi nell’area.

Un caso su tutti quello uzbeko, paese non certo rispettoso dei diritti umani e civili e che riveste un ruolo chiave nella politica centroasiatica dell’Unione Europea. Uzbekistan che recentemente (articolo scritto nel 2012) ha voltato, ancora una volta, le spalle a Mosca uscendo dalla CSTO (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva), una sorta di NATO russa. A Tashkent si e’ inoltre insediato il nuovo rappresentante per la NATO (quella originale) in Asia Centrale: si tratta della tedesca Patricia Flor, gia’ ambasciatore tedesco in Georgia, paese chiave della politica occidentale nel Caucaso. Flor sostituisce il precedente inviato, il francese Pierre Morel, duramente criticato da diverse ONG per le sue posizioni sulla violazione dei diritti umani in Uzbekistan,

Sin dalla loro nascita TRACECA ed INOGATE hanno inoltre visto un forte attivismo dell’Azerbaijan, paese fondamentale per il futuro energetico europeo e del Kazakistan, colosso a cavallo tra due mondi in bilico tra fedelta’ al tradizionale alleato russo e volonta’ di cercare una propria indipendenza nella sfera delle relazioni internazionali. Una situazione quella kazaka che potrebbe rivelarsi foriera di laceranti contraddizioni.

E su tutto questo aleggia Pechino, con la quale l’UE e’ sempre piu’ costretta a trovare accordi economici e commerciali e la cui “frenesia” nella ricerca di combustibile rischia di destabilizzare l’area, con un Unione Europea ancora forse troppo debole per giocare sulla schacchiera centroasiatica.